#Nonstiamozitti. È il messaggio sul quale si regge la campagna che Telefono Azzurro ha voluto lanciare per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti di un tema spinoso e complesso, del quale non si parla abbastanza. L'associazione sin dal 1987 si occupa della difesa dei diritti di bambini e adolescenti e non poteva certo rimanere in disparte in occasione della prima Giornata Nazionale contro il Bullismo.
Assieme ai volontari, sempre disponibili al numero 1.96.96), molti personaggi famosi sono scesi in campo con messaggi video, chiedendo ai loro fan di tutte le età di non girare le spalle di fronte al bullismo, ma di confidarsi e denunciare qualsiasi abuso. Il primo è stato Francesco Totti, al quale si sono aggiunti altri atleti come Andrea Zanardi, lo "zar" Ivan Zaytzev e Andrea Dovizioso, ma anche cantanti (Dolcenera, Arisa, ecc) e personaggi della TV come Amadeus, Alvin, Enrico Lucci e molti altri ancora. Per comprendere meglio cos'è il bullismo e quali sono le sue conseguenze abbiamo coinvolto Ferdinando Pellegrino, psichiatra e psicoterapeuta, docente in diversi atenei italiani.
Una domanda per chiarire subito ogni dubbio: chi sono i bulli e chi sono le loro vittime?
«La risposta non è banale e sintetizzando si rischia di semplificare troppo un quadro complesso, ma potremmo comunque dire che, in linea generale, esistono due profili di personalità: quelle che vogliono comandare e quelle che invece tendono a sottomettersi. Alcune tendono a prevaricare e le ragioni possono essere molto diverse (dall'insicurezza alla rabbia repressa). Altre invece, per ragioni diverse, hanno la tendenza a essere controllate e comandate e per questo motivo sono più facilmente vittime dei bulli, contro i quali difficilmente riescono a protestare».
Quanto conta il contesto nel quale gli episodi di bullismo si verificano?
«Il contesto ha di certo un ruolo fondamentale. Per esempio un ragazzo che da solo non sarebbe in grado di compiere atti di bullismo, può trovare nel gruppo la forza e lo stimolo per farlo. Nel gruppo ci si identifica: "io non sono sicuro, mi associo agli altri e quindi mi sento sicuro". Ovviamente sono possibili anche dinamiche di gruppo positive: la vittima, che da sola riesce solo a subire passivamente, se inserita in un gruppo potrebbe avere la forza per reagire e superare le angherie. Sempre in tema di contesto, non possiamo poi dimenticare il cosiddetto "Effetto Lucifero" che riguarda proprio l'ambiente nel quale si verificano gli episodi che in questo caso sono riferiti al bullismo».
"Effetto Lucifero", un nome decisamente forte... Di cosa si tratta esattamente?
«La storia ci riporta indietro fino ai primi anni '70 del secolo scorso a un esperimento psico-sociale condotto a Palo Alto, in California che ha portato a stabilire che il potere del contesto è maggiore del potere della persona. Ritornando ai giorni nostri e al tema del bullismo, in pratica possiamo dire che l'organizzazione in cui ci si muove può fare la differenza: se io mi muovo in un'organizzazione in cui tutti sono cattivi, facilmente divento cattivo e il mio comportamento risulterà "normale" e privo di conseguenze. La devianza diventa normalità. Se i ragazzi frequentano una scuola dove le regole non vengono rispettate, i dirigenti sono poco presenti e dove si tende a nascondere certe verità, la possibilità che si ricada nel bullismo è più alta».
Il bullismo non è un fenomeno solo maschile. Ci sono differenze tra i bulli dei due sessi?
«Da tempo il fenomeno del bullismo non ha più confini di genere: ci sono bulli tra i maschi e tra le femmine. In effetti però si notano alcune differenze: i maschi esercitano una forma di bullismo più "istintiva", se così la vogliamo definire, mentre le femmine sono più calcolatrici e si organizzano in dinamiche più complesse per cui può diventare anche più difficile individuare i casi».
Come reagiscono in genere le vittime di episodi di bullismo?
«Spesso la tendenza è di non reagire affatto e di nascondere l'accaduto anche in famiglia o a scuola. Il problema vero in questo caso è rappresentato però da chi ascolta: per poter parlare, cercare aiuto, sentirsi sicuro e compreso un ragazzo deve necessariamente trovare una persona di riferimento in grado di capire la situazione in tutte le sue sfumature. E questo non è purtroppo così semplice».
Come possono i genitori e gli educatori capire che qualcosa non va? Ci sono campanelli d'allarme ai quali prestare particolare attenzione?
«Gli adulti devono essere estremamente sensibili in questi casi. Se un ragazzino una volta tornato a casa trova due genitori poco attenti o molto occupati in altre faccende, difficilmente avrà lo stimolo necessario per aprirsi e confidare il problema. Di certo il genitore o l'educatore deve prestare molta attenzione ad alcuni segnali che possono nascondere una storia di bullismo come per esempio il cambiamento delle abitudini alimentari o del sonno, un atteggiamento più schivo o più aggressivo, un calo improvviso nel rendimento scolastico, eccetera. Gli specialisti possono dare una grande mano, siano essi psichiatri oppure psicologi, che magari si interfaccino con i ragazzi anche a scuola senza limitarsi agli aspetti cognitivi, ma puntando anche su quelli più emotivi».
E il cyberbullismo?
«Anche questo è un fenomeno ormai molto diffuso e in un certo senso ancora più difficile da combattere. Il bullismo che si muove e agisce attraverso la rete e i social network in particolare può avere conseguenze estreme, come abbiamo già sentito dalle cronache, e rappresenta un fenomeno complesso contro il quale purtroppo ancora non siamo in grado di agire con decisione ed efficacia. I problemi partono anche dalla difficoltà che i genitori e gli educatori spesso incontrano nell'individuare e controllare questo tipo di fenomeno che viaggia su strumenti e con un linguaggio che spesso gli adulti non riescono a capire fino in fondo. C'è ancora molto lavoro da fare, anche perché non ci sono dubbi sul fatto che il cyberbullismo possa fare danni tanto quanto il bullismo più tradizionale».
Cristina Ferrario – Dica33, 6 febbraio 2017
Ferdinando Pellegrino - Psichiatra, psicoterapeuta