Azienda e individuo lavorano insieme per soddisfare le esigenze del cliente che, al di là delle sue aspettative, rappresenta lo scopo principale di un’organizzazione che mira al successo. Ciò ancor più in Sanità, ove è in gioco il benessere del cliente (paziente o utente) il cui ruolo negli ultimi anni è
diventato più attivo rispetto alla gestione del percorso diagnostico e terapeutico. E’ più attento, più informato, può scegliere un ospedale piuttosto che un altro, può decidere sull’opportunità o meno di seguire un protocollo terapeutico.
Tutto ciò rappresenta il segno di una trasformazione culturale ancora in atto e che per certi aspetti ha colto di sorpresa l’operatore sanitario che ora deve mediare tra istanze nuove e spesso contraddittorie: da un lato l’Azienda, con i relativi problemi legati alle ristrettezze economiche e al ruolo di chi le amministra, dall’altro il cliente che appare sempre più esigente.
L’operatore sanitario, che storicamente e culturalmente crede nell’unicità dell’atto professionale, ha notevoli difficoltà a condividere la dimensione organizzativa dell’Azienda Sanità e non è ancora convinto che le capacità cliniche devono integrarsi con le capacità gestionali: gestione delle proprie capacità, dei colleghi, dei conflitti, di tutto quanto ruota intorno a lui.
Si rende allora indispensabile il passaggio dall’amministrazione del personale alla gestione delle Risorse Umane come trasformazione culturale che richiede una trasposizione sul piano della realtà di una filosofia aziendale che miri alla concreta valorizzazione delle risorse umane.
Ne conseguono due considerazioni importanti: la necessità da parte dell’azienda di pianificare percorsi professionali in grado di modulare le istanze motivazionali degli individui per renderle compatibili con le esigenze stesse dell’azienda e l’impegno dell’individuo ad acquisire le necessarie competenze professionali per lo sviluppo aziendale.
In quest’ottica azienda ed individuo collaborano attivamente e congiuntamente per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi: il vero senso di appartenenza all’azienda non può che concretizzarsi nel riconoscimento congiunto delle difficoltà operative e nell’impegno comune per la realizzazione degli obiettivi aziendali.
La gestione delle risorse umane deve essere trasparente e realmente diretta alla valorizzazione dell’individuo, indipendentemente dal ruolo che occupa all’interno dell’azienda; scelte contraddittore possono creare danni irreparabili, essere efficaci nel breve termine ma mostrarsi estremamente dannose nel lungo periodo.
L’organizzazione del lavoro è fondamentale per lo sviluppo aziendale e personale; gran parte delle situazioni di disagio lavorativo riconoscono, infatti, come cause le disfunzioni organizzative sia di tipo strutturale (carenza di attrezzature, locali inadeguati…) che gestionale, soprattutto per ciò che concerne la gestione delle risorse umane.
Oggi tuttavia, proprio per la valenza positiva e determinante per l’economia aziendale attribuita ai fattori motivazionali del personale, si assiste ad una apertura positiva verso l’operatore sanitario - il cliente interno -, riconoscendogli pari importanza e dignità rispetto al cliente propriamente detto. Il suo ruolo appare modificato, innovato, in un certo senso recuperato e portato ad una dimensione di responsabilità diretta; è coinvolto in prima persona nella formulazione dei processi decisionali aziendali, e non è più considerato come un ricettacolo di informazioni e direttive che deve eseguire senza conoscerne le motivazioni.
E’ anzi coinvolto in prima persona in tutte le problematiche aziendali e soprattutto è responsabilizzato (empowerment) rispetto al proprio ruolo e alla propria autonomia professionale.
L’interesse dell’organizzazione è concentrata sullo sviluppo delle persone, la loro crescita e la progressiva responsabilizzazione attiva rispetto all’attività lavorativa, facendo leva sui fattori motivazionali di sviluppo che appaiono il fulcro di ogni strategia aziendale per la gestione ottimale delle risorse umane.
Tra le innovazioni apportate dal management negli ultimi anni, sta suscitando quindi interesse l’attenzione rivolta al cliente interno, ovvero all’operatore e al suo grado di soddisfazione lavorativa. Il tema della rilevazione del clima organizzativo è diventato centrale e il dibattito è polarizzato su cosa un’azienda debba realizzare per assicurare un ambiente lavorativo che promuova l’innovazione, la creatività, la soddisfazione lavorativa e per riuscire a ridimensionare le situazioni che favoriscono l’insorgenza di patologie da stress.
Una sfida difficile, le cui premesse sono articolate e complesse, soprattutto per la presenza di numerose variabili, la più difficile delle quali è rappresentata, paradossalmente, proprio dalle persone:
• Come può un’azienda conciliare le proprie esigenze con quelle del singolo individuo?
• Come prevedere e costruire una matrice organizzativa in cui ognuno trovi uno spazio adeguato per crescere e apportare il proprio contributo, conservando nel tempo una elevata motivazione?
• In che modo è possibile garantire spazi vitali a persone con competenze diverse, motivazioni diverse, culture diverse?
• Come conciliare la diversità – culturale, etnica, motivazionale – con gli obiettivi – unici e specifici – di un’organizzazione?
La letteratura su questo argomento è vastissima ed è anche supportata da esperienze di aziende che, grazie a specificità organizzative, hanno raggiunto obiettivi lodevoli, riuscendo ad assicurare elevati livelli di soddisfazione lavorativa. Queste aziende mirano a rispondere alle esigenze di crescita umana e professionale dell’individuo e a sollecitare la sua motivazione; naturalmente l’impiego di energie è consistente e l’abilità consiste nel saper utilizzare le risorse in modo diversificato, in relazione al reale apporto del singolo individuo all’organizzazione.
Il concetto è molto semplice: non ci si può illudere di motivare tutti gli operatori allo stesso modo; sarebbe bello, ma non è possibile; troppe aziende spendono troppo tempo tentando di motivare i comportamenti giusti nelle persone sbagliate, invece di pensare prima a selezionare le persone giuste.
L’essere umano medio preferisce essere diretto, desidera evitare le responsabilità, ha ambizioni relativamente ridotte ed è soprattutto in cerca di sicurezza, ha un’avversione innata nei confronti del lavoro e, per quanto possibile, cercherà di evitarlo.
E’ necessario quindi sollecitare ed incoraggiare la competenza umana e professionale degli operatori, creando, all’interno dell’azienda, un treand positivo capace di accrescere complessivamente la motivazione lavorativa, il livello di soddisfazione degli operatori e loro autonomia professionale.
Per approfondire:
Pellegrino F, Oltre lo stress, burn-out o logorio professionale, Centro Scientifico Editore, Torino, 2006
Pellegrino F, Valorizzare le risorse umane, Mediserve, Milano-Firenze-Napoli, 2007
Pellegrino F, Personalità e autoefficacia, Springer, Milano, 2010