La pelle come luogo privilegiato della somatizzazione. La pelle è già da un punto di vista fisiologico (dunque anche senza alcuna implicazione psicopatologica) uno degli organi espressivi essenziali delle nostre normali emozioni; per esempio il rossore, il pallore, la “pelle d’oca”, la sudorazione, il
prurito possono essere senza dubbio conseguenze di eccitazioni controllate dalla affettività. La comprensione del ruolo espressivo giocato dalla pelle dell’uomo nelle emozioni è antico. Questo dato si ricava da modi di dire usuali, come, ad esempio, “uscir fuori dalla pelle”, “lasciarci la pelle”, “non star nella pelle”, “ha una pelle d’elefante”, “amici per la pelle”.
La pelle umana è un organo con grande capacità di espressione. Nessun altro organo del nostro corpo reagisce così rapidamente come la pelle a stress psichici (1).
Il rapporto fra alterazione cutanea e distress psicologico è stato da sempre oggetto di interesse da parte di ricercatori e clinici, e in molte realtà ospedaliere è sorta spontaneamente, sulla base di una attenta osservazione di dati clinici, una attiva collaborazione tra dermatologi, psichiatri e/o psicologi. Ne è un esempio il Servizio di Dermatologia Psicosomatica sorto nel 1987 presso la Clinica Dermatologica I dell’Università di Milano (2) la cui attività ha subito suscitato interesse e rilevato in una iniziale casistica di 633 pazienti la presenza di elevate quote di ansia e di depressione (valutate rispettivamente con il test di Zung per l’ansia e la depressione) che hanno richiesto la prescrizione di ansiolitici e/o antidepressivi.
E’ opportuno tuttavia delineare sin d’ora le linee guida per un corretto approccio a tali problematiche, anche alla luce della evoluzione del modello della Psichiatria di Consultazione e Collegamento che, parallelamente allo sviluppo della Medicina Psicosomatica in Italia, ha contribuito ad integrare diverse professionalità e specializzazioni nel comune intento di fornire una chiave di lettura completa alla sofferenza fisica e psichica dell’individuo.
La problematicità del rapporto mente-corpo, antica nelle sue origini quanto l’uomo stesso, è stata – e per certi aspetti lo è ancora – oggetto di controversie e discussioni tra i sostenitori di un percorso di malattia unidirezionale. Riproposta da Freud nell’espressione del “misterioso salto della mente al corpo”, il dilemma deve ritenersi definitivamente superato:qualsiasi malattia è insieme fisica e psichica, ogni sofferenza psichica comporta implicazioni fisiche ed ogni patologia organica ha risvolti psicologici che non possono essere ignorati (3).
La medicina psicosomatica di terza generazione si configura pertanto “come una dimensione relazionale ed una formativa centrata sul rapporto globale sincretico medico-malato”, nello sforzo di ricomporre in unità ciò che per natura è unitario e che è culturalmente diviso (4), in linea con gli attuali sistemi nosografici, come il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali della American Psichiatric Association (5).
Esso sostiene un approccio multiassiale, che considera, per la definizione del disturbo psichico la necessità di valutare tutti gli aspetti della storia di un paziente: i suoi tratti di personalità, le patologie fisiche, gli eventi della vita, il funzionamento globale, le sue modalità di reazione agli eventi della vita.
E’ la stessa necessità avvertita dal dermatologo che si trova spesso di fronte a pazienti la cui obiettività dei dati induce a pensare ad una possibile interferenza con i fattori emotivi nella genesi e nell’andamento della dermatopatia di quel dato soggetto.
Nel DSM-IV è prevista in tal senso una specifica categoria, quella dei Fattori psicologici che influenzano una condizione medica generale la cui peculiare caratteristica è la presenza di uno o più fattori psicologici o comportamentali specifici che influenzano in modo negativo una condizione medica generale (4).
Questa definizione è molto ampia ed esprime la complessa articolazione dei rapporti tra fattori psicologici e patologie organiche, soprattutto in situazioni in cui è riconosciuta una forte valenza psicosomatica.
Dal punto di vista clinico l’approccio appropriato deve pertanto includere per ogni paziente una valutazione psicologia e psicopatologica tesa ad evidenziare la presenza di disturbi emotivi, ed in particolare dell’ansia e della depressione, o di tratti alexitemici di personalità (le emozioni negate)
La prima valutazione deve includere il riconoscimento di quadri psichiatrici a prevalente espressività dermatologica o la possibilità di quadri psichiatrici, più frequentemente ansia e depressione, insorti come reazione alla presenza di patologie dermatologiche.
Nel primo caso i sintomi che più frequentemente si riscontrano sono di natura funzionale, come il prurito, la sudorazione, i formicoli, la sensazione di avere la “cute calda o fredda”. Essi sono frequentemente espressione di un disturbo d’ansia e generalmente si accompagnano ad altri sintomi tipici dell’ansia.
Particolari sindromi fobiche, come l’ereutofobia (paura di arrossire in pubblico), si manifestano con reazioni cutanee molto intense; si tratta di quadri clinici che richiedono l’invio allo psichiatra, in quanto possono prefigurare lo sviluppo di disturbi di maggiore gravità, come la fobia sociale.
L’ansia e la depressione possono invece essere evidenziati attraverso un colloquio clinico mirato e con il supporto di scale di valutazione psicometriche; il riconoscimento di questi disturbi è fondamentale per la formulazione di una strategia terapeutica.
Essi solitamente passano inosservati e solo una particolare sensibilità del clinico aiuta ad evidenziarli; in uno studio condotto presso l’Università di Napoli (6) sono stati messi a confronto due gruppi di 50 soggetti; il primo era rappresentato da pazienti reclutati in un ambulatorio di psichiatria, il secondo era composto da soggetti ricoverati in reparti come Medicina Costituzionale, Medicina Generale, Geriatria.
La somministrazione di un test per la valutazione dell’ansia e della depressione ha consentito di evidenziare la presenza di disturbi emotivi anche in questo secondo campione, del tutto sovrapponibili per intensità ai pazienti psichiatrici. Ciò indica la necessità di considerare, in ogni contesto, la valutazione dell’ansia e della depressione coma parte integrante dell’esame clinico.
La valutazione della personalità alexitimca è invece fondamentale per la comprensione del processo di somatizzazione e dei disturbi organici a prevalente matrice psicosomatica.
Il soggetto alexitimico non è consapevole del proprio mondo interiore, non in grado di cogliere le proprie emozioni; il corpo è il solo mezzo per proiettare fuori dalla propria sfera psichica ciò che lo tormenta e non é proponibile un approccio direttamente teso a collegare gli aspetti psicologici con i disturbi clinici.
In questi casi va rispettato il “linguaggio corporeo” del paziente e l’intervento, sia in fase diagnostica che terapeutica, deve essere focalizzato sugli aspetti somatici del problema; anche la eventuale prescrizione di farmaci deve essere inquadrata nel contesto delle disregolazioni neurotrasmettitoriali con particolare riferimento alle proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche dei farmaci. Ciò anche in linea con la considerazione che le malattie dermatologiche ad impronta psicosomatica sono caratterizzate da alterazioni cutanee con un’etiologia di tipo reattivo in cui risultano coinvolti i sistemi neurovegetativo, psiconeurovegetativo, psiconeuroendocrino e immunitario (7)
Questo atteggiamento “più tecnico” favorisce la relazione medico-paziente ed apre la strada ad un successivo approccio “più psicologico”.
Tra le patologie dermatologiche ne segnaliamo alcune che sono più frequentemente oggetto di studio come:
• prurito patologico
• alopecia aerata
• acne volgare ed escoriata
• iperidrosi
• psoriasi
• orticaria anallergica
• vitiligine
La dermatologia si presenta quindi come un’affascinante campo di ricerca per la comprensione dei meccanismi della somatizzazione e del rapporto mente-corpo; ed è anche il campo ove l’approccio terapeutico deve mirare alla integrazione degli strumenti disponibili, sia di tipo farmacologico che psicoterapeutico.
Alcune tecniche, come il biofeedback, sono in grado di visualizzare le reazioni cutanee ad una serie di stimoli; esse possono essere utilizzate sia a scopo diagnostico che nel contesto di un programma terapeutico.
La visualizzazione delle “proprie reazioni emotive” può aiutare infatti il soggetto a riconoscere l’importanza di queste reazioni e a gestirle con maggiore efficacia. Specifici training in tal senso consentono di avere dei buoni risultati in quanto l’esperienza è diretta, immediata, ed apre le porte, se ben condotta ed in mani esperte, ad una maggiore confidenza con il proprio mondo interiore, primo passo verso un discorso psicoterapeutico.
Bibliografia
1. Luban-Plozza B, Pöldinger, Il malato psicosomatico, Cappelli Editore, Bologna, 1984
2. Finzi AF, Polenghi MM, Molinari E, Guzzi R, Dermatologia psicosomatica: l’esperienza milanese, Atti XIV Congresso Nazionale SIMP, Edizioni Fisioray, Firenze, 1995
3. SIMP, Consensus Statment su “Medicina psicosomatica e formazione psicologica del medico”, Medicina Psicosomatica, 42, 3, 1997
4. Cazzullo CL, La medicina psicosomatica, Atti XXXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria (Cagliari, 1982), Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1982
5. APA, Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM IV-TR, Masson, Milano, 2001
6. Celani T, Pellegrino F, Disturbi depressivi e disturbi somatoformi quail anelli integrative tra medicina di base e psichiatria. In Celani T et al, Ansia, depressione e stress, Edizioni Il Punto, Ravello, 1996
7. Capogrosso A, Il linguaggio della pelle, in PNEI, Argomenti di PsicoNeuroEndocrinologia, Pozzi, Roma, 1994