Recentemente è scattato l’obbligo di certificazione medica di idoneità psicofisica anche alla detenzione di armi. Un ruolo di primo piano viene posto in capo al Mmg, che deve rilasciare un certificato anamnestico, in cui devono essere indicate eventuali patologie che potrebbero influire sull’uso corretto delle armi. Il documento verrà poi presentato al medico della Asl preposto a rilasciare il certificato di idoneità.
Requisiti richiesti
Il rilascio del porto d’armi richiede una scrupolosa verifica dei requisiti e una integrazione delle professionalità operanti sul territorio, dal medico di famiglia allo psichiatra, al medico legale, ciò in virtù sia della delicatezza del compito richiesto che della potenziale pericolosità legata alla detenzione delle armi.
In Italia il possesso e l’uso delle armi sono consentiti solo in virtù di una concessione da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e vincolati a particolari requisiti di ordine psichico, fisico e morale; si tratta di requisiti minimi, quali previsti dal Decreto del 28 aprile 1998 (GU 143/98), che vanno rilevati e certificati con puntualità.
Per ciò che concerne i requisiti psichici essi sono: assenza di disturbi mentali, di personalità e comportamentali. In particolare, non deve riscontrarsi dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e alcool. Costituisce altresì causa di non idoneità l’assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti, l’abuso di alcool e/o psicofarmaci.
Si tratta di criteri molto rigidi, basati sul principio del tutto/nulla, senza alcuna possibilità di modulazione e che mirano a escludere anche l’assunzione “occasionale” di sostanze stupefacenti, l’abuso di alcol e/o di psicofarmaci; la norma non consente alcuna modulazione di gravità delle patologie psichiche come accade invece per la certificazione per la patente di guida; mentre in questo caso il giudizio clinico può essere modulato e monitorato nel tempo mediante periodiche visite di conferma, tale flessibilità non è consentita per il rilascio del porto d’armi dove occorre pronunciarsi sulla presenza o meno dei requisiti.
Complessità della valutazione psichiatrica
Per la valutazione di detti requisiti si procede a una attenta analisi delle condizioni psichiche non solo attuali ma anche pregresse in modo da avere un quadro clinico completo (tabella 1); in psichiatria la diagnosi è complessa, con variabili non sempre facili da identificare e con margini non ben delimitati tra condizioni di normalità e franchi quadri psicopatologici.
Tabella 1
Valutazione psichiatrica
1. Richiesta documento di riconoscimento e certificato anamnestico del medico di famiglia
2. Apertura di una cartella clinica o analoga scheda in cui si sostanzia l’accuratezza con cui si è svolta la valutazione clinica
3. Uno o più colloqui clinici
4. Valutazione psico-diagnostica supportata da sussidi diagnostici come i test di personalità (MMPI, Rorschach, SVAP…)
In particolare, mentre è agevole esprimersi in presenza di condizioni psicopatologiche clinicamente rilevabili, come la schizofrenia o la depressione, lo è meno in presenza di patologie, anche gravi, come i disturbi deliranti in cui il soggetto può, sia in fase di acuzia clinica che in corso di remissione sintomatologica, presentarsi - in apparenza - “ben adattato e idoneo dal punto di vista psichico”.
La complessità della valutazione è ancora maggiore laddove occorre esprimersi sulla presenza di disturbi di personalità e comportamentali; dal punto di vista clinico, pur essendo codificati i criteri diagnostici per tali disturbi, la diagnosi non è agevole, se non in casi particolari.
Ciò sia perché il disturbo di personalità si muove lungo un continuum psicopatologico tra la normalità e la patologia, sia perché occorre una valutazione longitudinale, ovvero un’osservazione temporale adeguata, sia per la necessità di doversi avvalere di informazioni aggiuntive, come il comportamento del soggetto in famiglia o sul lavoro, non sempre facili da ottenere.
Lo stesso discorso vale anche per i disturbi comportamentali che possono assumere rilevanza clinica all’interno di specifici disturbi psichici o di personalità; non di meno sono da prendere in considerazione i Disturbi del comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta, così come codificati dal DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association.
Stile di vita del soggetto
In ogni caso appare importante definire lo stile di vita del soggetto, la tendenza a essere irritabile o impulsivo, ovvero tutte quelle caratteristiche che non si conciliano con l’idoneità al porto d’armi.
Inoltre è rilevante accertarsi in merito all’uso, anche occasionale, di sostanze d’abuso o di psicofarmaci.
Si comprende quindi che tale limitazione deve essere valutata all’interno del costrutto di personalità, ovvero nelle modalità funzionali - individuali, sociali, lavorative - del soggetto rispetto a se stesso e all’ambiente. Una valutazione difficile, che attiene anche a informazioni non in possesso del clinico, ma che possono avere rilevanza clinica, come ad esempio la sospensione della patente in seguito al superamento dei limiti dell’alcolemia.
Invero, in questi casi, l’occasionalità dell’evento, in senso stretto, non appare compatibile con il porto d’armi.
Si afferma così la necessità di far convergere più informazioni, favorendo l’integrazione di specifiche professionalità, in grado di fornire una valutazione quanto più esaustiva possibile.
Ruolo del Mmg
In questo senso appare fondamentale il ruolo del medico di famiglia che ha una visione longitudinale del paziente, una conoscenza della sua storia, dei suoi affetti, delle relazioni, delle vicende lavorative e del suo stato di salute.
Nel redigere il certificato anamnestico occorre essere particolarmente scrupolosi e fornire ogni informazione utile allo specialista per la valutazione del caso; episodi pregressi di ansia o depressione, pur di breve durata, ovvero la pre-gressa prescrizione di ansiolitici o altri psicofarmaci, vanno dettagliatamente specificati.
Particolare attenzione deve essere rivolta ai pazienti di recente acquisizione; in questi casi è opportuno consultare il medico o i medici che lo avevano in carico.
Poiché la normativa è molto specifica occorre procedere a un’indagine anamnestica in positivo: si può affermare che l’anamnesi è negativa solo dopo aver acquisito informazioni dettagliate, meglio se documentate; occorre cioè, ai fini medico legali, poter dimostrare di avere agito con perizia e prudenza rispetto al rilascio della certificazione anamnestica.
Altre criticità
Per quanto concerne la valutazione psichiatrica in senso stretto occorre considerare che non si tratta di una valutazione agevole e che non esistono strumenti o esami in grado di escludere la presenza attuale o pregressa di dimensioni psicopatologiche clinicamente rilevanti.
Gli stessi test di personalità, o altri test utilizzati nella pratica clinica come la scala di Hamilton per l’ansia e la depressione, hanno un valore relativo; si tratta pur sempre di strumenti che non sostituiscono il colloquio clinico bensì lo integrano, ma non sono da ritenersi esaustivi o garanti della diagnosi, che rimane sostanzialmente clinica.
Né può una valutazione trasversale, anche se condotta attraverso più colloqui clinici, essere esaustiva; tuttavia, l’esperienza clinica e la valutazione psicodiagnostica, unitamente allo scambio di informa-zioni tra i diversi ambiti specialistici, consentono di formulare il giudizio di idoneità al porto d’armi con maggiore appropriatezza.
Altro problema rilevante è l’insorgenza di acuzie psichiche o di disturbi comportamentali dopo il rilascio del porto d’armi; occorrerebbero innanzitutto revisioni periodiche, a intervalli adeguati, e modalità operative che permettano di sottoporre il soggetto a immediata revisione dei requisiti in presenza di comportamenti a rischio, come la guida in stato di ebbrezza o qualsiasi altro indicatore che rilevi il venir meno dell’idoneità psichica al porto d’armi.
M.D. Medicinae Doctor (RASSEGNA pag. 42)- Anno XXII numero 4 - Maggio 2015
Ferdinando Pellegrino - Psichiatra, Salerno