Per essere autentici occorre essere sempre veri? NO!
Verità e falsità non si contrappongono, ma rappresentano due aspetti fondamentali dell’agire umano.
L’autenticità è un bene prezioso, va
considerata un valore e le fatiche che comporta rappresentano un buon investimento per la propria salute fisica e psichica.
Chi ha difficoltà ad essere autentico ha più problemi di salute, è più vulnerabile allo sviluppo di condizioni di disagio psicologico e di patologie organiche, è incoerente, meno soddisfatto della propria vita.
Chi non riesce ad essere autentico è più irritabile, insicuro, instabile, ma soprattutto è inaffidabile, non ci si può fidare; il suo modo di essere è caratterizzato spesso da alternanze di progetti, da variazioni progettuali inattese, da prese di posizioni incoerenti, a volte illogiche.
Nei rapporti con gli altri tende a mascherare la propria insicurezza attraverso il mascheramento delle proprie emozioni (falso sé patologico), per proteggersi da condizioni ambientali avverse sviluppa atteggiamenti difensivi che prendono distanza dalle sue emozioni.
Chi non riesce ad esser autentico non ha padronanza delle proprie emozioni, non le riconosce, non le riesce a codificare (alexitimia) e non le sa gestire.
Il falso sé patologico nasce quindi da una scarsa definizione dei confini dell’Io, da un livello di maturità instabile, infantile, non ben definito.
In realtà il progresso di maturazione dell’Io parte dall’illusione infantile di onnipotenza verso la graduale disillusione che sopraggiunge man mano che il contatto con la realtà prende corpo.
Il bimbo gradualmente impara a riconoscere se stesso diverso dal mondo e dagli altri, impara a stabilire i propri confini, impara a relazionarsi agli altri rispettando le regole del gioco, impara a riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialità, ciò che può fare e ciò che invece è bene non fare (i “no” che insegnano a crescere ...); impara a dare un’impronta personale alla propria vita.
Da piccoli tutto ci sembra più bello, tutti ci sembrano più bravi e più “grandi” di noi, nascono così i miti, le persone che ammiriamo e di cui ci fidiamo.
Man mano che si cresce il confronto con la realtà diventa più aspro, ci si accorge dei limiti degli altri e della realtà stessa e ci si accorge che occorre essere prudenti nel valutare le persone e i fatti.
Tutto si ridimensiona e grazie a questo ridimensionamento il vero sé ha l’opportunità di esprimersi in modo autonomo: cadono i miti, nasce il Sé, espressione quindi dell’io adulto e maturo.
L’autenticità è quindi l’espressione del VERO SÉ , dell’IO, origine della vita corporea, nei suoi aspetti fisici e psichici.
Ma abbiamo bisogno di essere anche un pò falsi per sopravvivere alle richieste sociali e mantenere un buon rapporto con gli altri.
Il falso sé non ha in questi termini connotazioni negative, ma aiuta l’individuo ad esprimere se stesso modulando le relazioni in rapporto al contesto e allo stile di personalità degli altri; rappresenta la giusta prudenza che occorre avere nei confronti degli altri.
Il falso sé salvaguarda l’individuo dall’ingenuità, dal credere ciecamente agli altri, dal fidarsi senza giusta causa; diventa – se ben modulato e gestito - un fattore protettivo di salvaguardia della propria autenticità.
Verità e falsità quindi non si contrappongono, ma rappresentano modi diversi di rapportarsi agli altri, quale espressione della propria autenticità.