Lo stile di vita disfunzionale. Lo stress e la promozione del ben-essere.
La salutogenesi
Un concetto che si va sempre più affermando nella cultura medica è quello di qualità di vita, tanto da rappresentare un tema
sempre più dibattuto ed oggetto di interesse. L’età media della popolazione è aumentata ed il concetto di salute, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è inteso in senso positivo, come benessere complessivo dell’individuo.
In Medicina ciò si traduce nella opportuna attenzione verso un approccio psicosomatico caratterizzato da una visione globale della persona nei suoi bisogni fisici e psichici ed il compito del medico, oltre che diretto alla gestione delle patologie, è diventato più articolato estendendosi alla cura della salute residua e alla promozione della salute (salutogenesi).
L’infartuato che un tempo veniva stroncato in età prematura oggi è diventato il coronaropatico portatore di by-pass e il cirrotico può avere un fegato nuovo e vivere molto più a lungo; tantissime altre malattie, comprese le neoplasie, oggi presentano una prognosi migliore.
Questa salute residua diventa così l’oggetto dell’intervento del medico che deve salvaguardarla aiutando il paziente a scegliere la terapia più “appropriata” e lo stile di vita più consono alla nuova situazione (compliance al trattamento, riduzione del peso…).
L’altro aspetto riguarda invece la promozione della salute in generale nella misura in cui è ampiamente noto che molte patologie fisiche o psichiche sono dovute al comportamento umano; si pensi agli incidenti automobilistici causati dall’alta velocità e dall’abuso di alcolici o alla correlazione tra fumo di sigarette e carcinoma polmonare. Comportamenti questi che rappresentano uno stile di vita disfunzionale quale risposta disadattiva alle problematiche della vita.
Nella pratica clinica si ha il polso di questa tensione, del mal-essere esistenziale, delle tante patologie frutto di un inadeguato adattamento alle problematiche della vita.
Stress e stile di vita disfunzionale
Lo stress è una parola magica, la si usa in ogni circostanza; anche in medicina quando si vuole interpretare un sintomo non altrimenti spiegabile il medico pronuncia la formula: non si preoccupi, è solo questione di stress, lei non ha niente, deve solo riposare un po’ .
Lo stress è l’elemento vitale dell’esistenza, rappresenta la tensione con cui si affronta la vita ed è dato dall’equilibrio tra le richieste che provengono dal nostro intimo (ambizioni, desideri) o dall’esterno (necessità di acquistare una casa, di accudire i figli…) e la nostra capacità di farvi fronte in modo adeguato.
Non sono solo gli eventi negativi che complicano la vita delle persone ma anche gli eventi positivi come nel caso di Michele che dopo la nascita del secondo figlio e la contestuale promozione avuta sul lavoro ha cominciato a presentare una forte sintomatologia ansiosa per la sua incapacità di “affrontare e gestire” i cambiamenti della vita.
Lo stress nasce dunque dall’incertezza, dall’insicurezza, dalla paura del futuro, dalla sensazione che si ha quando si perde il “controllo degli eventi della vita”, quando si comincia a ritenere di non essere in grado di gestire con prontezza ed efficacia gli inevitabili cambiamenti, sia positivi che negativi, della vita.
In linea di massima ciascun individuo dovrebbe essere in grado di gestire adeguatamente lo stress quotidiano e di adattarsi ad esso nel migliore dei modi (eustress); il livello di tensione può salire in certi periodi della vita, quando uno o più problemi diventano motivo di preoccupazione, ma dovrebbe essere modulato e riportato in condizioni fisiologiche al più presto.
Un elevato e persistente grado di tensione comporta nel tempo lo sviluppo di una condizione di disadattamento (distress) con gravi conseguenze sul benessere fisico e psichico dell’individuo; l’idea (o errata convinzione) di non poter far nulla per evitare le conseguenze dello stress alimenta e sostiene uno stile di vita disfunzionale, che rappresenta un maldestro tentativo di autoterapia.
La somatizzazione
Una delle conseguenze più immediate e dirette dello stress è la somatizzazione in cui l’individuo sposta tutte le tensioni e i conflitti della vita.
L’abnorme attivazione dello stato emozionale (iperarousal psicofisiologico) che contraddistingue una condizione di stress comporta a lungo andare un cedimento delle strutture difensive dell’organismo, una usura prematura ed eccessiva dei tessuti, uno stato di tensione psichica che contribuisce, come in un circolo vizioso, ad alimentare ulteriormente il grado di tensione dell’organismo.
Lo stato d’allarme che ne consegue si associa frequentemente ad una condizione di alexitimia, di incapacità del soggetto di vivere ed esprimere le proprie emozioni di sofferenza, come nel caso di Antonio, un avvocato di 35 anni che riferisce di soffrire da tempo di mal di testa, con prevalente localizzazione nucale. Tutti gli esami praticati sono negativi, e lui si dispera perché sperava che almeno la TAC cranio avesse potuto trovare la causa della sua sofferenza; i suoi ritmi di vita sono serrati e fatica a rincorrere e gestire tutti i problemi lavorativi.
Ma Antonio non riesce ad essere consapevole della propria sofferenza emotiva, ha focalizzato tutto sul mal di testa, abusando di analgesici e rifiutando categoricamente il ricorso allo psichiatra. Il suo ritmo di vita è accelerato e la tensione emotiva è elevata entrando nell’area di rischio psicosomatico; il suo organismo comincia a dare segni di sofferenza che lui attribuisce ad una causa organica da identificare e trattare.
Ogni situazione conflittuale, sia individuale che familiare o lavorativa, può quindi indurre uno stato di tensione tale da determinare la comparsa di sintomi fisici funzionali che possono essere motivo di profonda sofferenza.
Il comportamento
Oltre alla somatizzazione un fenomeno di difficile gestione nella pratica clinica è rappresentato da comportamenti abnormi, legati a vissuti di sofferenza interiore non riconosciuti e indice di una cattiva gestione delle proprie risorse e di una risposta disadattiva ai problemi della vita.
Questi comportamenti, ricordiamo il fumo di sigaretta, l’abuso di alcolici, l’alimentazione incontrollata, la non adesione a trattamenti farmacologici laddove sono necessari, la non osservanza dei consigli del medico, alimentano un senso di impotenza.
Riconoscendosi incapaci di smettere di fumare o di bere alcolici si compromette, a volte seriamente, la qualità della vita e spesso, proprio per il sovrapporsi di più problemi, tali soggetti pensano di non essere più in grado di condurre una vita normale inducendo in sé una forte tendenza ad alimentare queste condotte, proprio per il senso di rabbia legato alla supposta incapacità di cambiare stile di vita.
Un paziente infartuato può continuare a fumare, a mangiare cibi grassi, a sottoporsi a ritmi di vita stressanti (nonostante possa trovarsi nelle condizioni di scegliere una vita più tranquilla), a non attenersi alle prescrizioni mediche. Riterrà tutto inutile e continuerà a vivere in questo modo, nonostante la necessità di apportare, nell’interesse di se stesso e della comunità, sostanziali cambiamenti alla propria vita.
Molte persone ricorrono al medico richiedendo certificati per malattia; si dicono stanche, irritabili, incapaci di concentrarsi sul lavoro; spesso queste persone vivono stati di tensione interna non riconosciuta e non trattata. La loro vita sembra essere una fonte di continua tensione e irritabilità nei confronti soprattutto dei familiari e dei colleghi di lavori; arrivano ad essere impulsivi e aggressivi, a rispondere in modo eccessivo anche a piccoli stimoli, arrivando a compromettere le proprie performance familiari e lavorative.
La medicina deve potersi continuamente interrogare su come intervenire e gestire queste situazioni che nel complesso gravano in modo evidente sulla qualità della vita dei pazienti, con notevoli ripercussioni sulla società (crescita ed educazione dei figli, rendimento lavorativo…).
Stress da lavoro, lo stress del quotidiano
Il lavoro occupa molto tempo della vita di un individuo ed anche quando vissuto con entusiasmo non è esente dal causare ansia e tensione, o meglio stress da lavoro. Alcune indagini condotte su alcune categorie professionali (medici, insegnanti, giornalisti) hanno infatti evidenziato che lo stress lavorativo, indipendentemente dall’essere soddisfatto della propria professione, induce una serie di conseguenze sull’organismo che possono in alcuni casi sfociare in veri disturbi psicosomatici.
Ansia, tensione emotiva, depressione, disturbi fisici, superficialità nel rapporto con gli utenti, irritabilità, insonnia, stanchezza, minore efficienza lavorativa sono i sintomi che tali professionisti correlano alla tensione lavorativa; in particolare l’ansia e la tensione emotiva arrivano a toccare il 58.2% dei medici intervistati, il 53.6 degli insegnanti ed il 20% dei giornalisti.
Questi dati ci invitano a riflettere sulla opportunità di dosare i propri sforzi lavorativi attraverso una migliore gestione delle risorse umane.
In molti altri casi i sintomi riferiti hanno a che fare con lo stress quotidiano; piccoli e ripetuti traumi (microtraumatismi della vita quotidiana) possono favorire l’insorgenza di disturbi emotivi come nel caso della casalinga che deve badare ai figli, ai suoceri, al marito e che nel tempo libero si reca a casa dei propri genitori anziani per aiutarli.
Per quanto vada tutto bene essa è sottoposta ad uno stato di tensione continua che la rende vulnerabile allo sviluppo di disturbi dello spettro ansioso-depressivo.
La comprensione del contesto storico in cui si sviluppa un sintomo appare pertanto un compito di fondamentale importanza in medicina, e lo stile di vita del paziente spiega in gran parte la natura dei disturbi emotivi.
Approccio clinico allo stile di vita disfunzionale
Parlare di psicologia del benessere e del mal-essere della vita non vuol dire vedere ovunque problemi psichiatrici; l’evidenza però dell’esistenza pervasiva di stili di vita disfunzionali non può essere messa in discussione.
Il vero problema per il clinico è la definizione della soglia del patologico:
• Quando trattare un soggetto?
• Come trattarlo?
• Quando un disturbo diventa clinicamente significativo?
• Quando richiedere l’aiuto di uno specialista?
Lo stress può essere immaginato lungo una linea retta che si protrae dal fisiologico (eustress) al patologico (distress), e qui si riconosce l’eziologia di molti disturbi.
Ma in quale punto della linea il medico deve cominciare a preoccuparsi?
Evidentemente non esiste una risposta completa; alcuni indici possono aiutarci ad individuare la soglia del patologico e ad instaurare un idoneo trattamento.
In molte delle situazioni descritte non vi è consapevolezza del disagio, lo stile di vita disfunzionale è radicato profondamente nella personalità del soggetto e qualsiasi approccio clinico appare – purtroppo - di difficile attuazione.
Viceversa, possono essere considerati validi indici clinici la forza motivazionale con cui una persona chiede aiuto, il grado di sofferenza indotta dalla sintomatologia e la conseguente compromissione del funzionamento globale rispetto al passato.
Avere una crisi d’ansia, soffrire di stress e di tensione emotiva, curarsi, star bene, ma continuare a sostenere lo stile di vita che ha generato la crisi vuol dire favorire ben presto il ritorno dei sintomi, la loro strutturazione in disturbi più gravi e successiva cronicizzazione.
Cominciamo a riflettere sulla nostra vita, impariamo a considerare i momenti di crisi e di ansia come segnali di disagio, come un invito a rivisitare e riorganizzare la propria vita in termini di ben-essere.
Cominciamo a credere nella possibilità di creare una vita più serena: un minuto tutto per te, un piccolo investimento per un grande risultato – come spiega Spencer Johonson nel suo libro – può essere l’inizio di un nuovo modo di vivere.
Per approfondire:
Casolari L, Pellegrino F, Vivere bene, si può? Positive Press, Verona, 2003
Pellegrino F, Essere o non ssere leader, Positive Press, Verona, 2002
Lazarus AA, Lazarus CL, Fay A, La vita è già difficile, perché complicarsela? Positive Press, Verona, 1996
Pellegrino F, Valorizzare le risorse umane, Motivati e soddisfatti, Mediserve, Milano-Firenze-Napoli, 2007