Nella società moderna <<il desiderio diventa fine a se stesso, l’unico obiettivo incontestato e incontestabile>>, lo sostiene Zygmunt Bauman nel suo saggio Modernità liquida,
ed aggiunge che il desiderio è <<un’entità molto più volatile ed effimera, evasiva e capricciosa, ed essenzialmente avulsa dai “bisogni”, una forza autoprodotta e autoalimentata che non abbisogna di altra gratificazione>>.
Bauman descrive così l’oggetto primario del pensiero dell’uomo nella società odierna, ove si privilegia lo stile di una vita guidato “da desideri sempre maggiori e da capricci volubili, non più da una regolamentazione normativa”.
Forse perché vi è una maggiore disponibilità di beni?
<<Il mondo pieno di possibilità è come un buffet ricolmo di prelibatezze che fanno venire l’acquolina in bocca, troppe perché anche il più agguerrito dei buongustai possa sperare di assaggiarle tutte>>; il mondo delle opportunità diventa così un mondo il cui prezzo da pagare è una “perpetua incertezza e un desiderio impossibile da saziare”.
Aumentano così nell’uomo, proprio per l’eccesso di opportunità, i vissuti di “destrutturazione, frammentazione e disarticolazione”, in cui il presente, svincolato dal passato, non si proietta al futuro (perché ciò richiederebbe impegno e responsabilità), lasciando spazio all’istantaneità.
Tutto e subito: <<l’istantaneità (annullando la resistenza dello spazio e liquefacendo la materialità degli oggetti) fa apparire – sostiene Bauman - ciascun momento infinitamente capace, e la capacità infinita significa che non esistono limiti a quanto è possibile ottenere da ciascun momento, per quanto “fugace” possa essere>>.
Qualunque cosa possa allora offrire la vita, lo offre all’istante, non c’è più motivo per impegnarsi e procrastinare le gratificazioni, l’impegno costante per costruire un futuro migliore non serve.
In tutto ciò il quotidiano diventa l’esperienza dell’effimero; anche i rapporti umani lo sono, improntati sull’uso e getta – le relazioni pure di cui parla Anthony Giddens -, rapporti senza continuità e solidità; un’epoca quindi dai “legami deboli”, ove prevale il disimpegno e la non curanza, ma forse, come sostiene Bauman, ove è sufficiente indossare la maschera della “buona creanza”.
La persona così smarrita si pone dubbiosa rispetto al futuro, insicura nel presente, insoddisfatta, ansiosa e stressata, triste se non depressa; non sa più cogliere gli insegnamenti del passato, non sa più costruire un futuro, vive nell’incertezza, nella convinzione che l’unica costante della vita è il “cambiamento” e l’unica certezza è l’”insicurezza”.
Modernizzare significa per Bauman liquefare, fondere, astrarre, un mondo ove la flessibilità subentra alla solidità. Oramai si apprezza solo ciò che è facile da mandare all’aria, scartare e abbandonare.
Ma c’è un modo per riappropriarsi della propria identità, di quella stabilità che consente all’uomo di conservare una propria coerenza interna, una continuità storica tra passato, presente e futuro, riuscendo a essere presente a se stesso in ogni momento e sufficientemente capace di apprezzare giorno dopo giorno le scelte operate.
Questo modo è da ritrovarsi nel “pensiero” che può ridare fiducia all’uomo in se stesso.
<<Il pensiero richiede – afferma Bauman - pause e risposo, abbisogna di “prendere tempo”, di ricapitolare i passi fatti, di ispezionare accuratamente il luogo raggiunto e l’opportunità di raggiungerlo>>.
Riacquisire la dimensione del tempo e dello spazio, la sensazione di essere presente a se stessi in ogni momento della vita, di avere una piena consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse può infatti essere la chiave di lettura per riscoprire il proprio mondo interiore: “la maggior parte delle persone – ricorda Lothar I. Seiwert nel suo libro E adesso fermati - non è in grado di riconoscere che cosa è essenziale, perché sta annegando nell’urgenza>>.
Nel “pensiero” dunque la svolta: un “pensiero” agile, flessibile, capace di ridimensionare le urgenze legate al desiderio dell’istantaneo per valorizzare l’impegno verso ciò che è essenziale, verso ciò che è legato a vere necessità, verso ciò che riesce a gratificare la persona in modo completo e profondo. Ciò, naturalmente, richiede più tempo e sacrificio.