L'emergenza coronavirus ha imposto agli operatori sanitari ritmi inimmaginabili, attivando meccanismi di resilienza e adattamento.
Lo stress prolungato può lasciare segni profondi, evolvendo in disturbi psichici.
Fondamentale il supporto psicologico immediato per prevenire conseguenze a lungo termine e promuovere il benessere degli operatori.
C’è tanta paura in chi opera in prima linea, medici, infermieri, operatori socio-sanitati, forze dell’ordine, volontari della protezione civile e tanti altri operatori, intenti tuttavia a svolgere con grande energia il proprio lavoro, pur costretti spesso a lavorare in condizioni di contrazione di risorse umane e di precarietà organizzativa e senza la dovuta protezione.
Uno scenario comunque di grande tensione, in cui l’operatore tira fuori il meglio di sé, riuscendo a sostenere ritmi inimmaginabili in condizioni di normalità.
Ci si trova di fronte ad una reale condizione di stress che, definito come una reazione a sollecitazioni ambientali, consente di affrontare con efficacia la situazione; ma ogni individuo ha un limite e quando lo stress è persistente e prolungato diventa fonte di malattia.
La reazione alle circostanze della vita è strettamente individuale; ognuno ha un proprio modo di agire e reagire nei confronti degli eventi stressanti; in particolare, nel dover far fronte ad una emergenza l’individuo mette da parte ogni altra necessità e concentra le proprie risorse sul problema da affrontare.
Dal punto di vista biologico e psicologico si innescano peculiari meccanismi di risposta allo stress: la sensazione di fame diminuisce, lo stato di tensione e allarme aumenta, si diventa iperattivi e iperconcentrati, il desiderio sessuale diminuisce così come ogni altro aspetto ludico. Per sostenere questi ritmi possono però attivarsi meccanismi compensatori negativi, come l’eccedere nel fumare sigarette o nel bere alcolici, ovvero compensare la tensione con farmaci ansiolitici o ricorrendo a sostanze d’abuso. In altri casi si può invece assistere ad una reazione di chiusura, di immobilismo, di regressione, di abbandono del campo di azione in passiva attesa che tutto possa finire al più presto.
La reazione da stress è tuttavia vitale per l’organismo, è la fonte con cui l’individuo affronta la problematica in atto, con cui cerca di svincolarsi sapendo di trovarsi in una situazione di grande incertezza.
Che sia l’una o l’altra reazione a prevalere, le conseguenze dello stress così vissuto possono essere anche serie, dando luogo prevalentemente a patologie che il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’APA (DSM-5) descrive nel capitolo “Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti”, quali il disturbo da stress post-traumatico, il disturbo dell’adattamento e il disturbo acuto da stress, quale reazione immediata rispetto all’esposizione ad una minaccia per la vita.
Occorre tuttavia precisare che nella fase acuta, nell’immediatezza di un trauma, occorre avere prudenza, occorre comprendere le modalità con cui l’individuo sta reagendo; è importante avere un atteggiamento più prudenziale; ovvero dare la possibilità all’organismo di metabolizzare l’evento stressante, di acquisire consapevolezza dei propri disturbi, di attingere ad ogni risorsa psicologica in modo che possa superare il trauma senza averne conseguenze durature. Ciò vuol dire che in questa fase è meglio non prescrivere farmaci, quanto utilizzare metodologie psicologiche che possano aiutare l’individuo a gestire questo periodo.
E’ fondamentale allora nell’emergenza attivare azioni di monitoraggio e di attenzione alle problematiche psicologiche degli operatori: questi non possono essere lasciati soli, hanno bisogno sin da subito di sostegno psicologico, sia nell’immediatezza degli eventi stressanti sia nel post-trauma.
Superata infatti la fase di emergenza, il lavoro psicologico non finisce perché dopo aver dato il meglio di sé, l’individuo, non avrà più risorse disponibili, ed è in questa fase che possono svilupparsi con maggiore frequenza quadri psicopatologici da stress con notevoli ripercussioni sul ben-essere dell’operatore.
Nell’emergenza, per dare il meglio di sé l’operatore sanitario ha dovuto mettere in campo risorse aggiuntive per potersi adattare a condizioni che richiedono sforzi intensi, non comuni. Superata l’emergenza inizia a chiedersi cosa sia successo, rivive i momenti di maggiore angoscia, rivede i volti delle persone sofferenti, subentrano sentimenti di colpa per non essere stato in grado di aiutare tutti, iniziano a manifestarsi sintomi ansiosi e depressivi che possono progressivamente strutturarsi in veri disturbi.
Ecco perché qualsiasi operatore di questa emergenza Sanitaria deve essere supportato da personale specializzato, fin da subito, nel post-trauma e per tutto il tempo necessario per la sua ripresa funzionale.
Per approfondire:
• Pellegrino F, Personalità ed autoefficacia, Springer, Milano, 2010
• Pellegrino F, La salute mentale, clinica e trattamento, Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2018
🌱 Dai spazio al tuo benessere mentale: dopo periodi di stress intenso, prenditi del tempo per elaborare le esperienze.
La forza non sta solo nel resistere, ma anche nel chiedere aiuto quando necessario.