Come reagisce la persona ad una situazione di “stress”?
Come si pone nei confronti della realtà, nella molteplicità delle situazioni che deve affrontare?
Può l’individuo far leva su dinamiche psicologiche positive o proattive che vanno ben oltre la resilienza?
Se si esamina la reazione da stress si evidenzia come dopo una prima fase di sbandamento, di incredulità, di paura, si iniziano ad attivare dinamiche psicologiche di difesa, che se da un lato possono attivare meccanismi adattivi disfunzionali, dall’altro possono indurre un cambiamento in positivo.
Superata la fase emergenziale caratterizzata quindi prevalentemente da risposte immediate, reattive, in cui occorre mettere tutte le forze disponibili in campo per poterla fronteggiare, la persona inizia a riflettere, inizia a raccogliere gli elementi psicologici che gli possano consentire di sopravvivere, di individuare idonee strategie di adattamento che gli consentano di riorganizzare il proprio futuro partendo dalla realtà così com’è e così come si è trasformata.
In questo modo prende forma la resilienza, dimensione psicologica della «prontezza ad agire nonostante le difficoltà, i traumi ed i problemi della vita».
Grazie alla resilienza la persona riesce a cogliere nella crisi un’opportunità di crescita potendo riorganizzare la vita in rapporto a quanto successo.
Quale fattore dinamico e flessibile, la resilienza appare quindi come espressione di una personalità matura, in grado di operare scelte audaci in momenti difficili, di andare avanti nella vita, nonostante le difficoltà ed i problemi.
È la capacità di saper cogliere in un qualsiasi momento di crisi l’elemento di opportunità: le due facce della medaglia!
Resilienza è una delle parole che abbiamo imparato a conoscere con lo scoppio dell’emergenza coronavirus: le economie resilienti sono quelle che usciranno meglio dalla crisi, o che per ripartire serve resilienza.
Ne parlano da settimane i leader mondiali, le aziende e le istituzioni…
Ma cosa significa resilienza?
Il termine in sé indica la capacità di un sistema di resistere a qualsiasi perturbazione, organizzando una risposta e tornando a funzionare come prima.
Ma occorre fare un passo in avanti, andare ben oltre la resilienza: l’antifragilità!
L’antifraglità – come sostiene Nassim Nicholas Taleb - va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a se stesso; l’antifragile migliora.
Questa qualità è alla base di tutto ciò che muta nel tempo: l’evoluzione, la cultura, le idee, la rivoluzione, i sistemi politici, l’innovazione tecnologica…noi ci illudiamo che il mondo funzioni grazie a schemi preordinati, ma si tratta di un’illusione.
L’antifragile ama il caos e l’incertezza.
L’antifragile possiede la singolare caratteristica di consentirsi di affrontare l’ignoto, di fare le cose senza comprenderle e di farle bene.
Il fragile ha bisogno di un approccio previsionale molto dettagliato mentre, viceversa, i sistemi previsionali portano fragilità.
Antifragile è invece chi desidera la deviazione e non si preoccupa della possibile dispersione dei risultati che il futuro potrà portare.
Ricordatevi che il fragile vuole tranquillità, l’antifragile cresce grazie al disordine.
In ciò – sostiene Edgard Morin - è la forza stessa dell’uomo.
Quest’uomo che è al tempo stesso razionale e delirante, lavoratore e giocatore, empirico e immaginario, economo e dilapidatore, prosaico e poetico: siamo esseri infantili, nevrotici, deliranti, pur essendo anche razionali.
L’essere umano – Homo Complexus - è un essere ragionevole e irragionevole, capace di misura e di dismisura, soggetto di un’affettività intensa e instabile: sorride, ride, piange, ma sa anche conoscere oggettivamente quali sono i valori veri – essenziali - della vita.
L’uomo è quindi in grado di vivere nell’incertezza: se volete farvi un’idea della personalità di un soggetto dovete osservarlo mentre affronta circostanze difficili, non nella realtà rosea della vita di tutti i giorni: in questo senso c’è dell’incanto.
In questa finitudine di tutte le cose – osserva Telmo Pievani - evoluzione e dissoluzione si compenetrano: Homo sapiens, il cacciatore nato del senso, capisce che il senso non c’è.
Allora decide di vivere fino in fondo il non-senso, di sorridere, perfino, dinnanzi all’assurdità del proprio destino, di godersi lo spettacolo della natura.
L’uomo così non ripiega su se stesso, ma si apre al mondo e agli altri: si sente libero di dare un senso al non-senso.
Per approfondire:
• Pellegrino F, Personalità ed autoefficacia, Springer, Milano, 2010
• Pellegrino F, Essere o non essere leader, Positive Press, Verona, 2012
• Pellegrino F, La salute mentale, clinica e trattamento, Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2018
• Pellegrino F, Vettori A, Stress management in ambito dirigenziale pubblico e privato, Mc Graw Hill, Milano, 2021